Roscigno

Il toponimo Russino compare per la prima volta in un documento dell’abbazia di Cava de’ Tirreni del 1806, come casale appartenente al conte Giordano che ne fece, poi, dono alla Badia cavese. Nelle fonti medioevali l’abitato è noto sotto il nome di Russino e Ruscigni, solo nel 1600 compare la forma attuale di Roscigno. Il paese era impiantato su una collinetta cretosa che rendeva instabile il suolo, provocando continue frane. Nel 1902 e nel 1908, in seguito a due leggi speciali a favore dei paesi franosi, l’abitato venne spostato a 1 km più a monte, dove ebbe inizio la ricostruzione di un nuovo centro.
Le bellezze naturali del territorio comunale e le significative tracce degli insediamenti umani, succedutisi nel tempo, fanno di Roscigno un caso di studio assai particolare. Esso è noto al grande pubblico per l’antico nucleo urbano, abbandonato nei primi anni del ‘900, la cosiddetta Roscigno Vecchia, rimasta cristallizzata nel tempo, con la sua perfetta tessitura di piccolo centro agricolo.
Il sito archeologico di Monte Pruno, invece, ha suscitato interesse già a partire dagli anni venti e si è accresciuto dopo la scoperta della Tomba principesca, oggi esposta al Museo Provinciale di Salerno. C’è da dire che nel corso di lavori agricoli affiorava materiale in continuazione, ma non gli si dava il giusto peso, questo fino al 1928, quando il direttore del Museo di Salerno si recò sul luogo per compiere un’indagine ufficiale. Si riconosce, immediatamente, che si tratta di una tomba principesca per il ricco corredo e per la presenza di un carro. Il Monte Pruno presenta un abitato piuttosto esteso, vicinissimo al Vallo ma già in vista della costa, infatti, il pianoro e le pendici del colle sono disseminate di tracce materiali che documentano un’articolata e duratura occupazione di una vasta area tanto sul versante meridionale, verso Paestum, quanto su quello occidentale ed orientale, verso il Vallo di Diano e il corso del Sammaro. La maggiore concentrazione di reperti antichi si è avuta sulla cima del Monte Pruno, occupazione strategica di tutta l’area, e consentono di datare già nel corso del VI sec. a.C. i primi segni di una comunità stabile e l’esistenza di un agglomerato indigeno, non ancora organizzato, ma già in contatto con i Greci della costa.

Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

Il toponimo Russino compare per la prima volta in un documento dell’abbazia di Cava de’ Tirreni del 1806, come casale appartenente al conte Giordano che ne fece, poi, dono alla Badia cavese. Nelle fonti medioevali l’abitato è noto sotto il nome di Russino e Ruscigni, solo nel 1600 compare la forma attuale di Roscigno. Il paese era impiantato su una collinetta cretosa che rendeva instabile il suolo, provocando continue frane. Nel 1902 e nel 1908, in seguito a due leggi speciali a favore dei paesi franosi, l’abitato venne spostato a 1 km più a monte, dove ebbe inizio la ricostruzione di un nuovo centro.
Le bellezze naturali del territorio comunale e le significative tracce degli insediamenti umani, succedutisi nel tempo, fanno di Roscigno un caso di studio assai particolare. Esso è noto al grande pubblico per l’antico nucleo urbano, abbandonato nei primi anni del ‘900, la cosiddetta Roscigno Vecchia, rimasta cristallizzata nel tempo, con la sua perfetta tessitura di piccolo centro agricolo.
Il sito archeologico di Monte Pruno, invece, ha suscitato interesse già a partire dagli anni venti e si è accresciuto dopo la scoperta della Tomba principesca, oggi esposta al Museo Provinciale di Salerno. C’è da dire che nel corso di lavori agricoli affiorava materiale in continuazione, ma non gli si dava il giusto peso, questo fino al 1928, quando il direttore del Museo di Salerno si recò sul luogo per compiere un’indagine ufficiale. Si riconosce, immediatamente, che si tratta di una tomba principesca per il ricco corredo e per la presenza di un carro. Il Monte Pruno presenta un abitato piuttosto esteso, vicinissimo al Vallo ma già in vista della costa, infatti, il pianoro e le pendici del colle sono disseminate di tracce materiali che documentano un’articolata e duratura occupazione di una vasta area tanto sul versante meridionale, verso Paestum, quanto su quello occidentale ed orientale, verso il Vallo di Diano e il corso del Sammaro. La maggiore concentrazione di reperti antichi si è avuta sulla cima del Monte Pruno, occupazione strategica di tutta l’area, e consentono di datare già nel corso del VI sec. a.C. i primi segni di una comunità stabile e l’esistenza di un agglomerato indigeno, non ancora organizzato, ma già in contatto con i Greci della costa.

Tratto dalla guida "Viaggio tra le Meraviglie della Campania" - Annangelo Sacco Editore

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